Una memoria ritrovata
Nell’affrontare il lavoro di tutti giorni, è molto probabile che a causa di stress o del poco tempo qualcosa vada dimenticato. Spesso crediamo di poter tenere a mente tutto, ma a causa di tecniche mnemoniche fallaci ciò che ricordiamo risulta parziale o incorretto. Questo è derivato principalmente dallo stato mentale in cui ci poniamo quando dobbiamo ricordare le cose: per fermare i concetti nella mente bisogna predisporre una serie di espedienti che ci permettano di mantenere alto il focus per brevi periodi di tempo in cui possiamo dare il massimo. Sicuramente, un’idea che può tornarci utile nel ricordare qualcosa è quella di non farlo per noi stessi, ma per poter spiegare ciò che stiamo apprendendo agli altri. In questo modo i concetti vengono estrapolati più e più volte dalla nostra memoria, permettendoci di rielaborarli in maniera costante. Ovviamente, bisogna essere consapevoli che, se vogliamo apprendere nella migliore maniera possibile, dobbiamo concentrarci su qualcosa che faccia la differenza (intesa come qualcosa che esuli dai classici schemi mnemonici a cui siamo abituati).
La chiave del ricordo
Volendo tracciare uno schema di memorizzazione, possiamo individuare tre livelli di coinvolgimento che entrano in gioco quando decidiamo di ricordare qualcosa. Il primo è legato ai sensi: la nostra mente infatti ragiona principalmente per vista, tatto, udito, olfatto e gusto. Quante volte sarà capitato di cogliere un profumo particolare passeggiando per strada che scatena in noi un ricordo? Oppure una persona che assomiglia a qualcuno che conosciamo? Sicuramente spesso. Questo perché questi stimoli sono i più basilari, quelli cioè che la nostra mente riconosce immediatamente. Successivamente troviamo i ragionamenti per associazioni: ricondurre ciò che vediamo a qualcosa che già conosciamo bene. Pensate a quando incontriamo una nuova persona: nel momento in cui ci si presenta per nome, la nostra mente penserà che ha lo stesso nome del proprio fratello, sorella, madre e così via. Associando la parola a qualcosa che già conosciamo la possibilità di ricordarla aumenta esponenzialmente. L’ultimo dei tre livelli è legato alla nostra emotività e creatività: è più facile ricordare qualcosa se ci “colpisce” emozionalmente. Pensiamo ad un tramonto, a un concerto della nostra band preferita ecc.. La nostra mente registra con molta facilità quello che ci sembra strano, bizzarro o particolare, proprio perché legato alla nostra sfera emotiva.
La tecnica dei loci di Cicerone
Esistono tecniche ormai millenarie che ci permettono di ricordare molto più di quello che immaginiamo. Una di queste è sicuramente il “Palazzo della Memoria” di Cicerone: una tecnica tanto semplice quanto efficace, che si basa su:
- Afferrare i pensieri per mezzo delle immagini
- Afferrare il loro ordine per mezzo dei luoghi
Il primo punto si riferisce alla capacità di trasformare in immagini quello che vogliamo ricordare. Il secondo punto invece parla proprio dei “loci” o luoghi da cui prende il nome la tecnica. Praticamente, quindi, Cicerone:
- Creava dei percorsi all’interno di spazi che lui conosceva (casa sua, la strada per andare in Senato, e via dicendo)
- Identificava in ciascun percorso, una dopo l’altra, delle “stazioni” o stanze
- Associava ad ogni stazione una delle immagini che doveva ricordare
In questa maniera era in grado di passare in maniera ordinata da un concetto al successivo, mentre “camminava” cerebralmente nel percorso che si era creato nella sua mente. Questa tecnica può funzionare con tutto: numeri, formule matematiche, concetti e idee. I migliori campioni di memoria del mondo la usano per frantumare di anno in anno record mnemonici di ogni tipo: è la stessa struttura utilizzata dal campione indiano Sharma Suresh Kumar, che detiene il record di cifre del Pi Greco recitate a memoria: ben 70.030, la cui declamazione necessitò circa 10 ore.
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Si ringrazia il Relatore Matteo Salvo.
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